Gioco d’azzardo
Sul gioco d’azzardo ognuno dice la sua, c’è chi bara, chi
rilancia senza avere alcun punto tra le mani, chi rimane inchiodato alla botta
di adrenalina, chi perde il bene più grande: la propria famiglia.
Associazioni, Enti, Agenzie educative scendono in piazza,
in testa ai cortei tanti giovani delusi, in mezzo ai serpentoni gli adulti
indaffarati a raccontarsi i motivi della protesta, mentre a chiudere le fila,
tante persone incuriosite per il mondo di colori e di voci che fanno impallidire i dubbi e le
riserve.
Ecco la domanda, ecco la risposta che non arriva, le
parole, tante, spese in fretta per non dire un accidente, e non può essere
diversamente dal momento che in “gioco” ci sono vite umane, storie personali,
interi nuclei familiari a fare la differenza, a costringere a un soprassalto di
vergogna, di dignità, di equità, di libertà.
Ma sono i soldi, i denari, i dobloni a scandire i tempi
della macelleria delle emozioni, sempre e solo i quattrini a fare la spesa alla
ragione, ubriaca anch’essa per essere giocata al tavolo più inclinato, più le
monete d’oro picchieranno sulle rese e le sconfitte, più il futuro prossimo
sarà ben peggiore delle bugie, delle promesse e dei fallimenti, delle ire e delle frustrazioni che faranno
del male e causeranno sofferenza alle persone che ci amano.
Slot, carte, sisal, gratta e vinci, casinò, cani e cavalli a correre su ogni scommessa,
tutto è valido per puntare, per mettere una sopra all’altra improbabili
ipoteche sul futuro, verità virtuali, una disperazione che mangia metro dopo
metro, toglie visuale, annienta la salute, la dignità personale.
Un ragazzino prova a sfidare la sorte, un padre, un
cittadino comune ci si perde senza remore, ora scopriamo che pure l’uomo
politico di turno resta impigliato nella patologia, nella dipendenza,
nell’ossessione compulsiva del gioco d’azzardo, ripetuto fino allo spasimo,
allo stremo, tanto da perdere ruolo e valore
del rispetto per se stessi, fino a rubare, a raccontare favole inventate
pur di continuare a giocare, a rischiare imperterriti, fino a restarci dentro
per intero, strozzato in gola e nell’anima.
Quando il nemico è un ostacolo dai legamenti acciaiosi,
senza cuore né gesti di pietà, non c’è
coraggio che tenga, solamente paura che induce a perdere contatto con la
realtà, con la sostanza delle cose, il nemico diviene amico, scambiato per
compagno di viaggio, perché non usa mai rimprovero, mantiene il segreto e non
tradisce.
Allora il gioco si arma del cappio, non è più rischio
calcolato, ma vita ammanettata e resa insostenibile dai ricatti, dai rimorsi,
dal timore di venire scoperto, non c’è alcuna autenticità, ogni volta che si è
posti nella stessa condizione, ritorniamo a giocare, a puntare, a prostituire
legami affettivi, rapporti amicali, fino a perdere tutto, un’apnea asfissiante
che rende inutile persino la sofferenza.
C’è un grande dispendio di parole inefficaci, di
incredulità a basso prezzo, ma come è possibile scandalizzarsi se un ragazzino
trova il modo di scommettere d’azzardo, se un adulto si gioca la propria
credibilità, se un genitore abbandona il suo decoro, quando gli introiti sono
talmente elevati e cash, tanti e subito, da non fare troppo caso ai quartieri e
alle periferie disadattate, perché tali debbono rimanere per poterne parlare, e
assai meno dei locali del gioco appena aperti, delle pubblicità per niente
occulte, appiccicate in grande stile,
sulle facciate delle case, sui pulman, un po’ dappertutto.
Eppure abbiamo un po’ di mal di pancia per quel minore con
la puntata tra le dita, molto meno se non per l’illegalità per l’incultura più
diffusa.
E’ urgente ritornare sugli scranni del potere, è
necessario rimodulare gli interventi, dove leggi e norme privilegiano gli interessi, occorre rimettere
in circolo non soltanto le stive dei galeoni piene di tesori, ma il rispetto
della dignità delle persone.
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